Però suona e canta come si faceva una volta.
Cioè bene.
Il suo disco d’esordio, “C’è un me dentro di me” - (CinicoDisincanto 2009; in ristampa nel 2010) - suona senza “essere suonato”; non stride, non straparla, usa parole e sonorità fruibili e genuinamente “italiane”.
I brani hanno il fascino bohemien di una chanson improvvisata sulla Rive Gauche, l’odore pungente di una cantina e l’aura malinconica di un varietà in bianco e nero. Ma al contempo sono orientati al futuro, perché Giovanni, nel suo schizofrenico spaziare dal jazz anni Trenta alla tradizione italiana anni Cinquanta, dal rock al pop (nell’accezione positiva del termine!!), è assolutamente sperimentale e, spesso, i capisaldi della musica li prende allegramente in giro.
“C’è un me dentro di me” contiene dodici tracce da ascoltare tutte d’un fiato muovendo ritmicamente i piedi; dodici piccoli spaccati di vita quotidiana in cui immedesimarsi e su cui riflettere; dodici testi resi con un’accuratezza che manco un songwriter navigato…
Ed è uno scrigno. Che custodisce gioielli sonori da tenere buoni per gli ascoltatori che verranno.
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Alessandra
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